Cerdomus di Castel Bolognese, alla guida arriva Servetti
Articolo tratto dal sito: www.settesere.it
Un cartellone grande come il marchio campeggia sotto la scritta Cerdomus nel quartier generale dell’industria ceramica di Castel Bolognese. Al posto de «Il mio punto di partenza» con la ragazza in bianco e nero che sembrava tuffarsi in avanti verso Faenza, oggi campeggia la scritta «Gruppo Capper-No» di Meldola. Dietro al telone una rivoluzione con il socio Terenzio Maria Servetti «che è passato da una quota inferiore tra il 40% e il 50% alla maggioranza, acquistando le quote di uno dei soci del patto di sindacato che governava l’impresa formato da alcuni dei soci storici – spiegano Roberta Ceroni della Femca Cisl e Monica Domenciali della Filctem Cgil -. Abbiamo avuto un primo incontro in cui ci ha spiegato che tutto è avvenuto in 48 ore nella seconda metà di gennaio. Servetti è socio da inizio anni Novanta, conosce l’azienda, e ora è diventato amministratore unico. Sono dunque fuori dall’amministrazione i soci fondatori rimasti».
Nata nel 1969, oggi la Cerdomus conta 200 dipendenti a cui si aggiungono tra i 20 e i 30 esterni. Nell’incontro coi sindacati, il titolare della Capper-No di Meldola «ha mostrato un cambio deciso rispetto al passato nelle intenzioni dei modi con cui gestire l’azienda – continuano Ceroni e Domenicali -. Ha sottolineato che gli impianti non sono adeguati ai trend di mercato perché supportano i 60×120 e non i grandi formati 120×240 o 160×320 che oggi vanno per la maggiore in un segmento alto come questo. Tre anni fa non condivideva le politiche di investimento e ha lasciato il management, rimanendo solamente socio: secondo la sua analisi i costi sono troppo alti rispetto al prezzo del prodotto».
Cerdomus lavora con una gamma di prodotti elevata, vendendo principalmente all’estero (80/90%). «Il mercato di riferimento è quello statunitense (52%) dove vuole aprire uno stabilimento per sviluppare e migliorare l’export – entrano nel dettaglio le sindacaliste -: nelle sue intenzioni sarà la porta sul mondo dove vendere il made in Italy e quindi anche i prodotti fabbricati a Castel Bolognese, risultando così complementare e non alternativo. L’accento sull’export sarà ancor più marcato».
Il nodo occupazionale «è stato solamente sfiorato per ora: ha detto che se le vendite aumenteranno come crede non ci saranno problemi, ma con questo giro d’affari una riflessione la potrebbe aprire. Di esuberi non se ne è parlato, ma pensiamo che il nuovo corso sia una sfida impegnativa per i lavoratori e i sindacati. Il suo primo obiettivo è ottimizzare la produzione e ammodernare le linee a Castel Bolognese, acquistando anche impianti moderni all’avanguardia. Sugli investimenti non è intenzionato a risparmiare, ma punta al top di gamma. In questi giorni ha incontrato Sacmi e a breve farà le valutazioni. Ci ha dato l’impressione di essere un imprenditore che vuole fare molto, valuteremo i fatti con attenzione». (c.f.)